Novembre ha una strana grazia. Parte in sordina con i suoi fiori bianchi e gialli e i cimiteri e si dipana veloce come una matassa verso la fine dell’anno, parentesi più muta che tonda, trascurata dai più.
Oggi guidavo nel pomeriggio assolato e pensavo a questi mesi. Tanti viaggi, tantissime esperienze. Ogni viaggio una possibile fuga da me stessa (Ma ci riesci davvero?” Viene da chiedersi), un accumulo di giorni e chilometri che mi hanno portata fino a novembre.
Guidavo e il sole illuminava gli alberi e le chiome tonde, di un arancione acceso e pensavo a quanto mi perdo, quanti pomeriggi assolati mi sono persa in questi tempi, con la testa persa nel lavoro o in uno schermo retroilluminato.
La fretta di andare, di produrre, di essere liberi, in realtà non è che la schiavitù più grande di questo tempo, che non ha cuore.
Poco dopo, una sera rosa pastello incorniciava il profilo dei monti, mentre una canzone di un famoso gruppo del passato riempiva l’abitacolo di malinconia.
Novembre è così. Splendido e pieno di nostalgia. Le giornate limpide e la sera che arriva presto, il fresco e le prime nebbie. I cappotti colorati, le caldarroste e il fumo dei camini.
Tra poco sarà Natale e verrà il mese dei bilanci. Io mi tengo stretta questi alberi dorati nell’ora blu che, a poco a poco, si mangia il giorno.
Vorrei tornare dentro certe sensazioni che mi sembrano irrimediabilmente passate. La calma, la lentezza, di qualche novembre fa.
A volte non so vivere che nel passato.
Ma ora sto, in questo novembre tiepido, lo vivo e accolgo la stagione con una stanchezza che spero passi presto.
Novembre mi invita a guardare lontano e vicinissimo, per non perdermi nulla, nemmeno questa notte blu, che accompagna queste parole sparse con le sue stelle fredde.
“Ora ch’è notte
Che la mia vita mi pare
Una corolla
Di tenebre” G. Ungaretti “I fiumi”