Mi piacciono le fotografie dei temporali. Negli ultimi anni mi sono accorta di passare un’infinità di tempo a osservare fotografie di nuvole tremende, nere, dalle forme inquietanti.
Le cerco, le osservo, di conseguenza l’algoritmo a me dedicato me ne propone sempre di nuove. Le osservo per minuti interi e mi stupiscono sempre.
Mi rapisce la forma, il colore. Spesso sono fotografie di luoghi lontanissimi, che non ho mai visitato, ma le nuvole me li rendono in qualche modo familiari, come se li riconoscessi in quel momento.
Per un certo periodo della mia vita ho cercato, senza metodo ma con grande pazienza, di fotografare fulmini. Li aspettavo, scattavo. Paradossalmente riuscivo a fotografarli meglio con un vecchio telefono, ora ci riesco raramente.
Ah, dimenticavo. Io ho molta paura dei temporali. Se sono accompagnati da un forte vento, poi, ne ho il terrore. Ma, allo stesso tempo, quelle nuvole minacciose, il loro mutare veloce, il vento che le accompagna, provocano in me il desiderio di guardarle. Mi affascinano.
Ci deve essere qualcosa di antico e semplice, in questo sentimento ambivalente. Mi ricorda il De Rerum natura e il Sublime romantico, il fatto è che dietro a queste immagini ci perdo veramente molto tempo.
È come se, inseguendo quelle nuvole, cercassi il disvelamento di un mistero, o il suo definitivo occultamento.
Fotografare fulmini come cogliere il momento in cui si ha paura, e trovare, invece, la bellezza.
Forse è per questo che ultimamente non ci riesco più. Ma questa, probabilmente, è un’altra storia.