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Parole senza rimedi

~ Manuela. Una col vizio di scrivere

Parole senza rimedi

Archivi Mensili: gennaio 2012

Viaggi e miraggi

31 martedì Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Senza categoria

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Ci sono viaggi che non sono semplici spostamenti.

Itinerari affascinanti che toccano l’anima. Non sono i luoghi, spesso, gli autentici latori della magia, è tutto un alchemico muoversi tra l’anima e il paesaggio.

Se si dice che alla partenza per una destinazione, per un altrove conosciuto, o sconosciuto, la nostra anima parta sempre un po’ dopo, raggiungendoci in corsa.

Quando arriva, però, è tutto un fluire di emozioni, a volte opposte, che segnano indelebilmente ogni nostra traccia nell’esistere.

Ogni viaggio è un po’, forse  banalmente, un itinerario dentro noi stessi. Ci sono luoghi che amiamo, altri che detesteremo, o lasceranno in noi un ricordo sfocato. Luoghi che ci appartengono nel loro essere lontani, distanti, o comodamente prossimi e familiari.

A volte, però, succede l’incredibile. Si compie il passaggio tra il nostro sentire e “l’altrove”, che ritroviamo in un luogo definito, anche solo per un attimo.

Lì, la nostra anima lascia un “pezzo” di sè. Inesorabilmente. Anche ritornarvi non sarebbe più la stessa cosa.

Il tempo dei nostri pensieri si è fermato là, tentare di raggiungerlo sarebbe un inutile rincorrere l’orizzonte che si allontana.

Ci sono luoghi, come questo, dove ho passato un’estate alla fine dei miei vent’anni…

http://www.geomondadori.com/club-geo/articolo/dalmazia-isola-di-brac-e-spalato/it

Inverni interiori / 2

30 lunedì Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Time

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Tag

notte polare, paura, puri

Ci sono certi luoghi della mia anima che assomigliano a questa notte polare.

Puri, cristallini, ma segreti, irraggiungibili.

Insidiosi, nelle crepe del ghiaccio, si nascondono ombre che fanno paura. Viste alla luce del sole sarebbero piccole cose. Ma gli inverni interiori spesso scavano più in profondità di quanto crediamo.

E’ profondità inconsapevole, al limite tra il reale e l’irreale.

E’ fredda, ma brucia.

Inverni come interni inferni, dunque? Può essere. O soltanto luoghi di solitudine interiore dove si rifugia il nostro Personaggio, stanco di mostrare e di-mostrare.

Perdiamo l’esistenza a vivere come vorremmo, dimenticando che sarebbe facile essere soltanto noi stessi.

Noi fuoco, noi ghiaccio.

Affrontiamo il tempo come un lunghissimo sabato della vita. E se ci aspetta, come un passo di Kafkiana memoria, “un bel lunedì”, spesso la nostra esistenza è permeata di domeniche infinitamente piccole, destinate a non passare mai.

Ci lasciamo gelare dalle speranze illusorie, mentre sarebbe così facile scaldarsi al tepore del Reale.

Siamo ghiaccio, siamo fuoco.

Come questa notte, di neve fuori e di Luna. Polare.

Di caldo, dentro, di buio.

Di fragili attese. Di domani.

Inverni interiori

29 domenica Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Senza categoria, Time

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Che sarà della neve / che sarà di noi? Andrea Zanzotto

Sì, ancora la neve.

Guardo fuori dalla finestra e un paesaggio invernale, a cui paradossalmente non ero più abituata, si profila, possente, davanti al mio sguardo.

Osservo l’incanto bianco e rilevo come solo ventiquattro ore abbiano cambiato lo scenario consueto, trasformandolo radicalmente.

Tutto è ancora lì, sotto, ma non sembra tale.

I fiocchi scendono con vortici sempre diversi – ogni fiocco ha la sua storia, la sua forma – come una folla allegra (o “disperata”?) si rincorre, disperdendosi, ondeggiando. Fino ad aver posa, inesorabile.

Assomigliano un po’ ai miei pensieri. Alle nostre vite.

Nascono, ondeggiano, si lasciano trasportare dal vento, ognuno la sua folata, si disperdono. Si esauriscono.

Oggi ho camminato. La neve lambiva il mio corpo e i miei pensieri.

L’inverno non mi appartiene, o, meglio, mi assomiglia spesso così tanto da non volerlo vicino.

Pensieri in bufera. Bufera di fiocchi – vite che disperdevano la loro voce.

Creando un silenzio perfetto.

Che sarà della neve / che sarà di noi?

…Detto alla neve” Non mi abbandonerai mai, vero?”

Continuo ad osservare la neve, la sento vicina. Affronto anche gli inverni interiori lasciando la mia impronta. Sapendo che verrà ricoperta, mi tempro, affronto il freddo. Ci conosciamo.

Un morbido scavo interiore che cela la sua durezza. Ecco, sono arrivata.

Per fortuna, non sola.

Affrontare la possibilità di essere “segno senza significato”, se gli cammino accanto, mi sembra meno terribile, meno reale.

Lascio l’inverno all’esterno, riscaldando il mio.

Le notti difficili. Quando “incontrai” Dino Buzzati

28 sabato Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Senza categoria

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Ci sono incontri casuali, imprevisti. Spesso sono quelli capaci di segnare, se non una vita, alcune scelte di gusto e di stile.

Avvenne così, quando mi imbattei, per la prima volta, nella scrittura di Dino Buzzati.

Avevo, non so, 12 anni o giù di lì. Andavo spesso in biblioteca con mia sorella. Tutti quei libri, per me, una vera manna. Non possedendo una grande cultura letteraria, vista anche l’età, sceglievo i miei libri seguendo alcuni criteri: copertina, titolo, consistenza.

Ed ecco, mi venne tra le mani il volume de “Le notti difficili” di Dino Buzzati. Era Blu, quasi anonimo nella sua sobrietà, titolo inciso, lettere d’oro.

Le notti

difficili.

Bel titolo.

Lo presi. Era già piuttosto usurato, ma mi piaceva quella rilegatura rigida, blu, mi sembrava un libro di quelli “veri”, seri.

Era estate e, allora (in effetti questa è una consuetudine che mi porto dietro a tutt’oggi) amavo leggere la sera, all’imbrunire. Iniziai i racconti.

Già il primo, “Il Babau”, aveva un titolo evocativo. Mi inquietava.

Ma non riuscivo a smettere di  leggere. Ero una ragazzina suggestionabile, ma molto curiosa.

Continuai.

Mi affascinava la scrittura, così chiara, ma anche allusiva. Mi sembrava di vedere tutto.

Immaginavo tutto, come se la parola creasse figure e scene, film mentali che scorrevano sulla mia retina, proiettati con dovizia di dettagli.

Saltai qualche racconto.

Leggevo trepidante, aspettando il finale colpo di scena che, immancabile, arrivava a spezzarmi il fiato.

Mi faceva paura quel Babau le cui “dimensioni di struttura fisica erano ignote” “come è di molte creature registrate nell’anagrafe delle leggende”, ma ormai il meccanismo della lettura si era impadronito dei miei sensi e li aveva veicolati tutti all’attenzione e all’inquietudine.

Deglutivo quando pensavo all'”influsso degli astri” e agli oroscopi del Monitore, in cui riconobbi, anni dopo, qualcosa di altamente Kafkiano, nell’assurità della condizione umana; trattenevo il fiato quando notavo l’assoluta “familiarità” con funerali e cimiteri che traspariva dalle righe di molti racconti.

Ma la narrazione mi rapiva. Ero sua, era mia.

Da adolescente vezzosa, mi prese molto da vicino la vicenda della saponetta magica, per anni sperai di poterne acquistare una. Potere delle parole.

C’erano nuvole a forma di testa umana, di generali allora sconosciuti, macchine, maschili e femminili, personaggi bizzarri.

Non avevo un ordine preciso nella lettura. Sceglievo a caso, sapevo che la mia pigrizia di allora non avrebbe portato a finirli tutti.

Una sera d’estate aprii il libro sui “Tre racconti dal Veneto”. Ecco, per me, le Notti difficili, che poi ho riletto più recentemente, sono soprattutto quello.

La torre. La maga. La sosia.

La sosia, per carità. Occupò i miei incubi di bambina per una notte, forse di più.

La vedevo, vedevo pure il golfino sull’inferriata del cimitero.

Marion, indelebile ricordo d’adolescenza.

Oggi mi fa molto tenerezza.

Letto all’imbrunire creò in me quel sentimento del “perturbante” hoffmanniano che mi porto dentro tuttora.

Ho conosciuto Buzzati a 12 anni. Per caso.

Una scrittura che rapisce, inquieta, incanta.

Il sapiente modo di arrivare al cuore trasformando leggende metropolitane e segrete inquietudini in letteratura “alta”. Pura.

28 sabato Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Senza categoria

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[ di Antonio Prenna ]

Twitto e studio, sognando il mare.

Mi sento…Spartana…ih ih ih

Ma perchè sono qui? Tante cose da fare, tante cose da vivere. Niente. Vince la voglia di scrivere.

Nel negozio ” Tu usi generalmente la pentola a pressione?” Silenzio “Io…veramente, io veramente non cucino. Non ancora”

Mia madre impazzisce per Il Tredicesimo apostolo e intima il silenzio ad ogni mio passaggio.Non sa che tra pochi mesi  non abiterò più qui.

Il lavoro, già, un privilegio.

No, che poi non è proprio insofferenza è più…noia per le etichette, per i “si deve fare” “si deve dire”, bla bla..

Almeno stasera la Luna aveva quel sorrisino che mi fa venire in mente che nulla è mai come si crede…

Ma la penna è uno strumento rigido[…] È anche dittatoriale: trasforma continuamente uomini qualunque in profeti (Virginia Woolf)

Troverò la strada domani?

Arrivo al martedì sera col coltello in mezzo ai denti.

Sono…

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Non solo un Giorno della Memoria – Giovanni

26 giovedì Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Senza categoria

≈ 1 Commento

La Memoria è fondamentale. La memoria può distruggere. La Memoria può salvare.

Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria. Tuttavia, spesso, mi chiedo quanto sentiamo vicino, nella vita quotidiana, il peso della Memoria Storica, quanta consapevolezza ci sia.

Il giorno della Memoria non è ricordarsi di Anna Frank esclusivamente il 27 gennaio, non è soltanto leggere, magari anche con la dovuta compostezza e commozione, “Se questo è un uomo” di Primo Levi. E’ anche questo, ma non può essere solo questo.

Il giorno della Memoria è ogni giorno in cui lottiamo perchè la violenza, l’odio e la cieca ignoranza non abbiano la meglio sulla nostra vita, sul nostro modo di pensare, di essere. Ogni momento in cui si difenda L’Uomo e la Libertà.

Il Giorno della Memoria, per me, oggi, è Giovanni.

Giovanni è, è stato – purtroppo – un uomo della mia terra, un muratore dalla fibra forte. Un uomo che ho conosciuto tardi, da vicino. Affascinante anche ad ottant’anni.

Nei suoi occhi, tuttavia, a volte scendeva un velo di tristezza.

Ecco, nella sua vita, l’ombra, credo sempre presente, in fondo al cuore e alla memoria, della deportazione.

Era stato internato in Germania, in un campo satellite di Dachau, dopo l’8 settembre 1943. Era un alpino, in servizio di leva.

Non amava parlare del campo di concentramento. Chi l’ha conosciuto bene dice che quando iniziava a raccontare, subito il fiume dei ricordi era soffocato dal pianto. Troppa fatica, troppo orrore.

Era stato torturato. Gli avevano tolto tutte le unghie. Lo avevano malmenato, picchiato e costretto ai lavori più onerosi.

Ciò che traspariva in modo più nitido dalle sue narrazioni era la sensazione di un freddo totale, paralizzante. Un gelo da cui aveva dovuto difendersi, che, per sempre, lo aveva segnato. Il suo più profondo rammarico era stato quello di aver dovuto tagliare a pezzi il suo cappello da alpino per avvolgersi i piedi, affinchè non congelassero.

Mai l’esercito Italiano gliene fornì un altro. Suo genero, anni dopo, ne acquistò uno nuovo, glielo regalò, ma certo, non era la stessa cosa.

Tuttavia, quell’uomo che aveva subito così orrende mutilazioni, che aveva sofferto il freddo e la fame, era rimasto un uomo mite. Quasi come se il fatto di essere sopravvissuto gli avesse concesso una possibilità unica, nuova, che non voleva sciupare in ulteriore dolore.

Era un uomo forte, che amava scherzare e divertirsi. Era esperto nell’arte della salumeria.

Era un uomo la cui giovinezza aveva la macchia di una Storia infame.

Lo ricordo così, oggi. Perchè, per poco, anche io gli ho voluto bene.

Lo ricordo perchè lui ha saputo ricominciare a vivere anche dopo tale dramma.

Nel 2010, in Prefettura, a Cuneo, gli è stata consegnata un’onorificenza al valore militare e civile.

C’era tutta la sua famiglia, a festeggiare questa occasione speciale. C’erano tutti, ma non lui.

Giovanni è morto nell’ottobre del 2006.

Sono sicura ne sarebbe stato orgoglioso.

Spesso la Memoria è tardiva. Cerca di rimediare agli sbagli della Storia, ma arriva dopo.

Tuttavia non dobbiamo arrenderci, dobbiamo sforzarci di ricordare perchè certi orrori non si ripetano.

Ciao Giovanni.

Forse ti saluto solo ora veramente.

Di passato e futuro

24 martedì Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Time

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Tag

Futuro, passato, presente, Tempo

– A volte il passato è così presente che sa di futuro. –

Il passato urlò al futuro, che non si voltò, per non perdersi definitivamente in un pensiero troppo presente.

Sogni bohémien

23 lunedì Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Sogni bohémien

≈ 4 commenti

Si vede come si vuol vedere, ed è questa falsità che costituisce l’arte. Édouard Manet

Mi capita spesso di sognare. E non sono mai piccoli sogni, sono grandi. Sogni bohémien, soprattutto.

Li faccio da anni, ormai.

Mi raffigurano un po’ svagata,  interessante, interessata. Sogni da intelligenza arguta e bavero alzato, s’intende.

Sogni che sono Rive Gauche, poesia, materia eterea di una realtà parallela.

Parallela, sì, ma non necessariamente falsa. I sogni bohémien non siamo realmente noi, ma resta il fatto che sono in noi.

Sono la maestra cattiva, io, che in un mio sogno bohémien, ho sempre sognato di essere una “cattiva maestra”.

Sono l’inconcludente, quando, in un altro sogno bohémien, avrei voluto essere l’indecente, o al minimo, l’impertinente.

Sono la non azione, mentre la mia mente si dibatte in dinamiche velocissime.(Una mente avanguardistica in una volontà kierkegaardiana.)

Da ragazzina, invece, mi sentivo una poetessa, così svagata, coi capelli al vento. Ero solo spettinata. Poi, ho acquisito una bella capigliatura, mai perdendo di vista la poesia. Non mi credo più una poetessa, ma non ho smesso di sognare bohémien.

Sono. Tutte queste cose. E sogno, per continuare ad esserle.

E voi? Avete sogni bohémien?

22 gennaio 1990 – 22 gennaio 2012

22 domenica Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in Tristissima copia

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“L’alba vinceva l’ora mattutina / che fuggia innanzi, sì che di lontano / conobbi il tremolar della marina. / Noi andavam per lo solingo piano / com’om che torna alla perduta strada, / che’nfino ad essa li pare ire invano. Dante, Purg., I, vv.115/120

Con questi versi sul comodino, il 22 gennaio 1990 Giorgio Caproni, uno tra i “Grandi” della poesia del Novecento, se ne andava, “nel gelo della mattina”.

E proprio quest’anno che ricorre il centenario della sua nascita, sempre a gennaio, mi sento di dedicare all’autore “di tutta la vita” un pensiero, piccolo.

Il 22 gennaio 1990. Io alle Elementari, Lui, nell’Eterno, quell’Eterno di cui aveva dissertato tutta la vita, con poesie al limite dell’ateologia, tanto da venir segnalato, a torto, con l’etichetta dell’ateo.

Il suo vero Dio, però, a parte un discorso prettamente religioso e personale, che non ho strumenti per affrontare in modo compiuto, credo sia stata la poesia.

Muore con Dante sul comodino, quel Dante conosciuto nell’infanzia, un Dante Purgatoriale, che molto ha caratterizzato la sua opera, a partire da “Il seme del piangere”. Una poesia in “salita”, nell’eterna ricerca di un “ritorno” ad un bene perduto, la “res amissa” (titolo della raccolta pubblicata postuma proprio nel 1990, a cura dell’amico G. Agamben)

Se ne va, in silenzio, senza disturbare. Il che, credo, si addica molto alla sua figura.

Muore che ancora non sapevo nulla di lui, nemmeno lontanamente. Il nostro incontro avverrà solo molti anni dopo. Ma sarà amore a prima vista. Lo studio e la passione ne hanno fatto un poeta della mia anima.

In quesi versi così musicali, dal sapore antico, che per molto tempo lo hanno relegato ad una posizione marginale, nella sua lontananza da ogni avanguardia o qualsivoglia “categoria”, io ravviso, oggi più che mai, il sapore dell’immortale, di ciò che non è soggetto alle mode, dunque non invecchia, nè perisce.

La facilità apparente, risulta, per contro, la traduzione perfetta della complessità della vita. E mi sembra proprio che, leggendo Caproni, si possa applicare il proustiano “Chi legge un poeta, in fondo, non fa che leggere se stesso”.

Sulla sua tomba, in Val Trebbia, soltanto il nome.

Tra gli appunti del poeta, in quei giorni dolorosi, furono trovati questi versi:

“Lasciate senza nome, senza /data, la pietra bianca / che un giorno mi coprirà/ col sole prenderà / (forse) il colore delle mie ossa / – sarà, / nella sua cornice nera / la mia faccia, vera”.

Quel 22 gennaio, la “res amissa” è stata la sua voce, che spetta a noi conservare.

Atque in perpetuum frater…

Le nuvole

22 domenica Gen 2012

Posted by mallarmeana.mb in riflessioni riflesse, Senza categoria

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Certe volte penso che la vita non sia stata esattamente come me l’ero immaginata. Non è una considerazione sempre negativa, tuttavia credo che non sempre i progetti che facciamo da bambini, o da adolescenti, si realizzino come li avevamo disegnati nella nostra mente. Quasi mai, anzi.

Succede un po’ come quando, in un cielo terso, appaiono le nuvole. O quando, in altro, irrimediabilmente nero, si diradano all’improvviso.

Sembra che parlino di noi. Corrono, trasportano pensieri e storie. Si disperdono, come le persone e i legami. Ritornano, come a ricordarci quel sogno che, da tanto, non sognavamo più.

Non fanno grandi progetti. Il loro, però, non è un movimento irresponsabile. Anche nell’apparente non-senso sta la loro logica.

Non hanno classe nè un solo colore. Si uniscono democraticamente e, spesso, si azzuffano lasciandoci piogge e tempeste.

A volte mi fermo e ne seguo il fluire, lento o rapidissimo. Mi raccontano le loro vicende.

Lo farebbero a tutti, se sapessimo ascoltarle.

Ma, a volte, siamo troppo presi nei nostri piani, troppo legati alla superficie.

Spesso penso che vorrei essere diversa da come sono.

Come le nuvole, che si dissolvono e ritornano, mai uguali a se stesse. E sempre tali.

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