Stasera sono uscita un attimo di casa – ho messo il naso fuori, come si dice – e ho visto il cielo, la Luna, le stelle fitte e fredde e ho pensato che mi era mancato, in tutti questi giorni di pioggia un cielo freddo, un vento che sferzava il viso come negli inverni di tanto tempo fa.
(Quando facevo il Liceo pensavo sempre che un giorno o l’altro mi si sarebbe staccato il naso, come si dice accada, per le parti cartilaginee, in caso di urti, a causa del freddo eccessivo. Poi ha smesso di fare freddo così e il surriscaldamento globale mi ha salvato il naso, mettiamola così.)
Il cielo stellatissimo in questo dicembre, che quasi quasi è Natale e tra poco si dovranno tirare giù i conti dell’anno trascorso e chissà cosa ci sarà da tenere e cosa da buttare.
Già dicembre. Oppure potremmo dire già, dicembre.
E di quest’anno ricordare tante cose piccole o poche cose grandi, come se fosse solo parte di un ponte iniziato chissà quando. Ancora parole, meno del solito, esami passati che ti hanno cambiato la vita e altri che te la cambieranno presto, riempiendoti le ore libere come un fluido, o un mastice. Ancora cuore che batte, ancora cambiare lavoro, cambiare persone, perdere un po’ di passione e sentirsi inesorabilmente fissi a terra, con la testa per aria.
E penso a tutto questo, mentre rifletto che questo cielo silenzioso sembra vivo e mi accorgo che mi mancava respirarlo e ne prendo una boccata forte, che fa quasi male quanto è fredda. Ma è maledettamente bello.
(E scrivo ormai troppo poco, e si vede.)
Guardare il cielo mi ha sempre affascinato. Pensare alle distanze. Agli anni luce, alla loro definizione.
“Siderale”, ad esempio, è una parola bellissima. Elegante e altera.
Ho pensato al buio nonostante le stelle e a quel personaggio.
Un po’ di tempo fa ho letto un libro sorprendente, che parla di guerra ma anche di molte altre cose, e ad un certo punto il protagonista, Lev, chiede a una giovane ragazza, cecchino infallibile della resistenza russa e ex studentessa di astronomia, la soluzione a un dubbio che ritorna più volte nella storia:
“Studiavi astronomia?”
“Sì.”
“Allora ho una domanda per te. Nell’universo ci sono miliardi di stelle, no? Siamo circondati dalle stelle. E tutte emettono luce e la luce viaggia all’infinito. Allora perché…”
“Perché di notte è tutto buio?”
“Esatto! Te lo sei chiesto anche tu?”
“Se lo sono chiesto parecchie persone.”
“Ah, credevo di essere stato il primo.”
“Eh, no” fece lei, e dal modo in cui lo disse capii che stava sorridendo.
“E allora com’è che buio?”
“L’universo si espande.”
“Davvero?”
“Mm-mm.”
“Cioè, lo sapevo che l’Universo era in espansione.” Balle. Come faceva a espandersi l’universo? L’universo non comprendeva tutto? Come faceva tutto quando a estendersi? E che cosa diventava? “Solo non riesco a capire come questo spieghi il firmamento.”
“È complicato” rispose lei.”
Il libro è “La città dei ladri” di David Benioff, e mi è piaciuto moltissimo.
È complicato, già.
Quando sono rientrata avevo freddissimo, ma stavo bene.