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a1943n

Qualche giorno fa mi è capitato di sedere in una di quelle grandi sale d’aspetto, in coda, con un numeretto in mano.

Il mattino di un giugno umido e grigio filtrava dalle ampie vetrate dell’ufficio, illuminando i volti della gente agli sportelli, assorta in un brulichio lento, annoiato.

Ero seduta vicino a mia madre, quando è arrivata una donna, una conoscente, che ci ha salutate, volto appannato nel ricordo di qualche episodio infantile.

Si è accomodata accanto a lei, hanno iniziato a parlare. Il tempo, gli acciacchi, convenevoli consueti.

Mi sono presto distratta, cullata dal sonno e dal caldo della sala affollata, scorrendo il dito sullo schermo del telefono, isolandomi.

La donna ha preso a parlare di sua madre.

“Ha novantasette anni e l’altro giorno mi ha detto che il vestito che le avevo consigliato non le piaceva, la faceva sembrare vecchia.

Vive da sola. Si ricorda ancora tutti i nostri compleanni. Ha una memoria…”

Improvvisamente mi sono sorpresa a sorridere, a figurarmi questa ultranovantenne. L’immagine, quasi goffa, faceva quella simpatia un po’ crudele alimentata dalla distanza e me ne sono subito vergognata un po’.

“Pensa che strano” ha continuato la donna “ogni volta che qualcuno parte, per qualsiasi motivo, per la Russia, lei si fa preparare un foglio e detta precisamente il nome, il cognome, l’età e la provenienza di suo fratello Luigi, partito a diciannove anni per la Campagna di Russia, disperso. A volte aggiunge anche com’era vestito il giorno della partenza.

Quando cerchiamo di spiegarle l’inutilità di questo gesto, di dirle che effettivamente, anche se fosse vivo, avrebbe già novantacinque anni, lei si irrita, inquieta, perdendo il sorriso consueto”

“Cosa ne sai,” ribatte “magari ha battuto la testa, ha perso la memoria e non è più riuscito a tornare. Ho il dovere di cercarlo.”

La donna sorride, dice sommessamente che questa cosa, a sua madre, “non è mai andata giù” e io stacco lo sguardo dallo schermo e non so dove guardare.

Il cuore, stretto, nel pensiero di un dolore sconosciuto.

“Magari ha perso la memoria.” Eh.

Penso alla sofferenza di questa donna, al ricordo tenace, al mondo intatto in cui Luigi ha ancora diciannove anni, finché ci sarà qualcuno a pensarlo.

All’inutilità della guerra, alle attese.

Alla memoria.

Nel frattempo, è arrivato il nostro turno.

La fretta delle incombenze ha impresso rapidità ai nostri gesti, ai saluti.

Nel viaggio di ritorno io e mia madre siamo rimaste in silenzio, ma sono sicura che stessimo pensando la stessa cosa.

Fuori, un sole pallido filtrava dalle nuvole spesse, sembrava tutto più verde.